La malattia di Parkinson è una condizione neurologica comune che si verifica quando la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore cruciale per la regolazione di diverse funzioni dell’organismo, tra cui il controllo del movimento, il comportamento, l’umore e il sonno, diminuisce significativamente a causa della degenerazione dei neuroni nella “sostanza nera” del cervello. Il Parkinson è il più frequente tra i cosiddetti disordini del movimento ed è la malattia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer. L’esordio tipico è dopo i 65 anni di età, ma sono in aumento i casi tra le persone intorno ai 40 anni. Il tremore a riposo tipico associato al Parkinson non è l’unico segno da tenere in considerazione, specialmente perché potrebbe presentarsi più avanti, quando la malattia è già avanzata. Il Parkinson potrebbe manifestarsi con sintomi aspecifici, che possono essere ritenuti segnali precoci.
Ne sono un esempio la perdita di espressività facciale, dove il viso fatica a riflettere le emozioni e i sentimenti, la modifica nel tono della voce, che diventa più debole e meno intensa, con possibili confusioni nelle parole, lentezza nel parlare, riduzione del senso dell’olfatto, lentezza nei movimenti automatici (bradicinesia), stati di indifferenza emotiva, con episodi di apatia, depressione, umore instabile e cambiamenti nella personalità, ed instabilità posturale. Il Parkinson è una malattia progressiva e pertanto con il passare del tempo potrebbe peggiorare. A oggi non esiste una cura, ma il trattamento farmacologico, la chirurgia e la gestione multidisciplinare alleviano i sintomi. Tra i principali farmaci troviamo la levodopa, gli agonisti della dopamina e gli inibitori MAO-B.